Ho ritrovato qualche giorno fa Olga Guerra che avevo avuto il piacere di ascoltare lo scorso 25 aprile raccontare la sua vita di staffetta partigiana di fronte a oltre 100 persone di tutte le età, compresi molti bambini che hanno seguito il suo racconto con attenzione e in silenzio.
L’ho ringraziata per la grande emozione che ci aveva trasmesso e che trapelava ancora forte dalle sue parole nonostante i tanti anni trascorsi.
E mi ha raccontato, con giusto orgoglio, un episodio bellissimo: qualche giorno dopo quell’incontro, Olga è andata in visita ad una scuola superiore per parlare agli studenti della Resistenza.
Ad un certo punto un ragazzo si è alzato e ha detto ai suoi compagni: “Ma voi sapete chi è Olghina Guerra? Io l’ho sentita parlare il 25 aprile…” e ha riferito ciò che aveva appreso in quel pomeriggio.
Fatti come questi mi convincono sempre più di una mia vecchia fissazione per quanto riguarda i bambini e i ragazzi: l’importante è buttare il seme, prima o poi qualcosa crescerà.
Non è vero che siano tutti superficiali e disinteressati, ma vanno seguiti, stimolati e motivati; questo richiede tempo e fatica da parte degli adulti e forme di comunicazione diverse e diversificate.
E quel bel pomeriggio del 25 aprile è stato un ottimo esempio di come si possa raccontare la storia ai nostri figli.
E di quanto sia importante che i nostri ragazzi conoscano quali tragedie siano state la dittatura e la guerra dalla voce di chi l’ha vissuta sulla sua pelle.