Direzione Comunale PD Forlì – Conferenza delle donne democratiche

Ciao, dove stai?

Cronaca della visita a L’Aquila (10-11/7/2010) – Prima parte

Questo è diventato il nuovo saluto degli aquilani quando si incontrano per strada.

Non avevo mai considerato l’idea che una catastrofe naturale come un terremoto potesse avere un effetto anche sul linguaggio.

E’ una delle tante cose che mi ha colpito nel weekend trascorso a L’Aquila, sicuramente la più imprevista.

Ora che lentamente, ostinatamente e giustamente gli aquilani stanno cercando di riappropriarsi del proprio centro storico e tornano a frequenatre i due corsi e la Piazza Duomo che sono state riaperte, quando si incontrano si salutano cosi: “Ciao, dove stai?” e subito dopo “Come è andata?”, “Quando rientri?”

 

L‘IMPATTO VISIVO

Non ero mai stata a L’Aquila prima, ma in effetti l’impatto visivo è forte: i due corsi principali e la Piazza Duomo sono stati appunto riaperti e ripuliti dalle macerie, ma le traverse laterali sono tutte transennate come “zona rossa”.

Camionette dell’esercito, vigili del fuoco, forze armate ovunque: mi sembrava di essere dentro una di quelle scene di zone di guerra che si vedono nei telegiornali.

Ma sono ancora necessarie contro i pericoli di sciacallaggi: in centro molti palazzi sono antichi, pieno di pezzi preziosi e di valore ed inoltre molta gente è scappata la notte del 6 aprile senza avere la possibilità di rientrare in casa propria e quindi sotto i muri e i tetti crollati c’è di tutto.

Tutte le transenne sono piene di testimonianze dei cittadini aquilani: le chiavi delle case in cui non sono più potuti rientrare, cartelli di protesta contro gli organi di informazioni (soprattutto i TG) e i manganelli del 7 luglio, ma anche poesie e citazioni illustri come messaggi di speranza.

 

Nei palazzi del centro storico, i portoni e le finestre sono tutti puntellati, le colonne e alcuni interi edifici sono imbragati in cinture e bretelle.

L’unico palazzo rimasto integro è quello della Banca d’Italia.

Nelle chiese ha quasi sempre tenuto la facciata, ma l’interno è crollato o è stato sotterrato dal crollo delle cupole e dei campanili.

La chiesa del Suffragio (quella della cupola sempre inquadrata nei TG) è stata riaperta per metà, con un muro di cartongesso a separazione, il Duomo e il palazzo Vescovile sono inagibili.

In Piazza Duomo c’è un presidio permanente del comitato di cittadini sotto una tenda sovrastata da un grande striscione “Riprendiamoci la città”.

Per arrivare in centro si deve percorrere Via XX Settembre, dove si trovava la casa dello Studente: ora c’è un enorme buco e appesi alle transenne fiori, magliette e poesie. Una tristezza infinita, un quartiere fantasma dove tanti edifici e condomini sono completamente abbandonati, come congelati con i tavolini e gli stendipanni sui balconi, le tende che sventolano attraverso i vetri rotti delle finestre.

Appena fuori dal centro puoi vedere i diversi effetti del terremoto.

Condomini che si sono letteralmente abbassati di un piano, perchè hanno ceduto i pilastri, schiacciando per fortuna solo le macchine (di cui si intravvedono ancora  i cofani e le targhe) lasciando intatti gli appartamenti.

Altri edifici in cui al contrario sono rimasti in piedi i pilastri ma sono “scoppiati” i muri lasciando alla vista tutta la casa.

Altri ancora in cui le pareti esterne sembrano essere state mitragliate.

La famosa fontana delle 99 cannelle non ha subito grossi danni, ma è tutta impacchettata per i lavori consolidamento così come le mura storica sono tutte puntellate. Questa fontana si trova sì nella zona storica della città ma laterale rispetto ai corsi principali ed è sicuramente meno frequentata da televisioni e fotografi: e infatti lì le macerie sono ancora per strada e le travi penzolanti dai tetti.

Tranne in un caso, le “case di Berlusconi” sono state costruite nella periferie e nelle frazioni delal città: sono belle, comode e accoglienti, con stradine di accesso e parchi giochi per i bambini molto curati. Al piano terra, per tutta l’estensione dell’edificio, posti auto aperti. Ma non esistono servizi: non c’è un’edicola, un forno, un negozio di alimentari. Per chi non è in grado di muoversi in autonomamente, soprattutto per gli anziani, non c’è nulla.

 

L’IMPATTO EMOTIVO

Dopo aver ospitato a Forlì per la bellissima iniziativa di AmicoSport una bambina coetanea di mia figlia, lo scorso weekend abbiamo deciso di ricambiare la visita e siamo andati a trovare V. e la sua famiglia.

 

La prima sensazione che ho provato girando per i corsi transennati è stata di grande tristezza ed estraneità: mi sembrava di vivere una scena di guerra di un set cinematografico e invece quella è la realtà quotidiana per decine di migliaia di persone.

L’inaugurazione per la riapertura di un bar rendeva ancora più stridente il contrasto con le impalcature circostanti.

Mi sentivo a disagio e per un po’ non me la sono sentita di fare delle fotografie per una sorta di pudore nei confronti di chi là sotto quelle macerie ha lasciato la propria vita.

Ma ero lì e non sapevo se sarei stata capace di descrivere a parole quello che stavo vedendo.

Mi sono fatta coraggio e ho cominciato a fotografare.

 

La famiglia di V. è tra quelle fortunate che non hanno subito danni nè alla casa nè all’attività, ma come mi diceva la mamma, “manca tutto il resto”.

Per lei che è cresciuta nel centro storico, che per vent’anni ha lavorato e gestito un bar-pasticceria in pieno centro, la mancanza più forte è proprio quella dei luoghi che poi coincidono con la propria memoria.

Mi raccontava che era già tornata in centro ma vedere tanti estranei, i “turisti del terremoto”, che con la macchina appesa al collo andavano a fare le fotografie alle macerie la faceva stare male.

Ora invece piano piano si sta cercando di tornare alla “normalità” e anche gli aquilani ritornano nelle loro strade e cominciano a ritrovarsi.

Molti vanno con i bambini in piazza nei giochi gonfiabili installati e con le biclette perchè vogliono tornare a vivere la propria città.

Una delle considerazioni più amare che ho sentito da più parti è il senso di sradicamento procurato dal terremoto: per chi si è trasferito sulla costa per la lontananza da casa (è comunque ad oltre 1 ora di macchina), per chi è rimasto in città ma ha spostato la propria vita sociale (soprattutto i ragazzi) nei centro commerciali dove si sono trasferiti tutti i negozi delle catene commerciali e chi se lo poteva permettere.

E, dopo le 308 vittime ufficiali, si sono verificati diversi casi di suicidio riconducibili allo stato di depressione conseguente al terremoto.

Ma la maggior parte vuole riprendersi la propria città, come hanno scritto a caratteri cubitali in piazza, e l’ammirazione per il coraggio e la determinazione degli aquilani alla fine ha preso il sopravvento sullo sgomento iniziale.

 

 

Fine prima parte

 

Nella seconda parte il racconto dell’assemblea del comitato di cittadino a cui ho assistito domenica mattina: una conferma, se ce n’era bisogno, di come la versione dei fatti raccontata dal governo e da molta stampa sia decisamente diversa da quella vissuta dai diretti interessati.

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