Direzione Comunale PD Forlì – Conferenza delle donne democratiche

Il decreto Gelmini

Siamo agli ultimi posti nelle classifiche internazionali per quanto riguarda gli investimenti nella ricerca e nella formazione.

Tutti gli studi di economia e sociologia affermano che un Paese può progredire solo investendo sui giovani, sulla formazione, sulla ricerca, sulla specializzazione.

E Paesi, specialmente asiatici, con redditi pro-capite molto inferiori ai nostri, l’hanno capito e stanno fondando il loro straordinario riscatto socio-economico propri sui giovani e sulla loro istruzione.

E il nostro governo cosa fa? Taglia in modo indiscriminato e dissennato i fondi della scuola pubblica.

E come? Con un decreto legge approvato nella calura agostana con questo esordio:

“Ritenuta la straordinaria necessita’ ed urgenza di attivare percorsi di istruzione di insegnamenti relativi alla cultura della legalita’ ed al rispetto dei principi costituzionali, disciplinare le attivita’ connesse alla valutazione complessiva del comportamento degli studenti nell’ambito della comunita’ scolastica, reintrodurre la valutazione con voto numerico del rendimento scolastico degli studenti, adeguare la normativa regolamentare all’introduzione dell’insegnante unico nella scuola primaria, prolungare i tempi di utilizzazione dei libri di testo adottati, ripristinare il valore abilitante dell’esame finale del corso di laurea in scienze della formazione primaria e semplificare e razionalizzare le procedure di accesso alle scuole di specializzazione medica;”

Ma qualcuno di voi ha mai sentito in questi ultimi tempi evocare l’urgenza del maestro unico sui giornali, in televisione, in piazza, nella propria scuola? Io no.

Ma il bello deve ancora venire:

“Art. 4. – Insegnante unico nella scuola primaria – 1. Nell’ambito degli obiettivi di contenimento di cui

all’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nei regolamenti di cui al relativo comma 4 e’ ulteriormente previsto che le istituzioni scolastiche costituiscono classi affidate ad un unico insegnante e funzionanti con orario di ventiquattro ore settimanali. Nei regolamenti si tiene comunque conto delle esigenze, correlate alla domanda delle famiglie, di una piu’ ampia articolazione del tempo-scuola.” (cosa vorrà mai dire quest’ultima sibillina frase?)

Con una sola riga, il decreto legge della Gelmini rischia di smantellare un sistema scolastico, quello della primaria, forse l’unico, insieme alla scuola dell’infanzia, che veramente funzionava in Italia e che venivano a studiare da tutto il mondo.

Cancella di colpo dalle tre alle sei ore settimanali di scuola (adesso sono 27 + 3 facoltative) senza contare il tempo pieno (40 ore).

Un’unica certezza intoccabile: le due ore di religione cattolica (da detrarre dalle 24 obbligatorie, che quindi diventano 22 per una decina di materie) che, se non ricordo male, costano allo Stato Italiano circa 1 milione di euro all’anno. Ma quelle non possono essere messe in discussione perchè, grazie a Benito prima e a Bettino poi, fanno parte di un trattato internazionale che non può essere modificato da una legge nazionale.

Pensate che adesso verrà più qualcuno a conoscere e a studiare dall’estero come funziona la scuola con l’insegnante unico? Forse qualche paleontologo od antropologo che invece che un popolo indigeno in Amazzonia verrà in Italia a studiare la riforma “Gelmini”.

Certo non sono tutte rose e fiori: io ho una figlia che frequenta la quinta “elementare” (quinta primaria suona male) e in questi anni i problemi li ho visti e vissuti in prima persona. E già tanti danni li aveva causati la riforma Moratti (che quasi quasi si fa rimpiangere), che in parte era rimasta inattuata, anche per la concreta impraticabilità (vedi abolizione del tempo pieno, che ad ogni legislatura del centro-destra riappare).

E, come sempre, il buon senso e l’esperienza di tanti insegnanti hanno sopperito nella pratica quotidiana alla fantasia sfrenata dei nostri politici affinchè i nostri figli avessero una buona formazione.

La mia esperienza di genitore mi dice che i principali problemi della scuola, almeno quella dell’obbligo, vengono, oltre che da una cronica carenza di fondi, da una burocrazia paralizzante e dall’assenza di un sistema che premi e valorizzi gli insegnanti capaci.

Ma l’aspetto più deprimente di tutta la questione è che non c’è il benchè minimo progetto educativo e pedagogico dietro questo decreto, ma un puro e semplice calcolo economico, come se l’istruzione dei nostri figli fosse un peso per la società invece che un’opportunità di miglioramento del loro futuro.

Ma a guardare bene un obiettivo, alla fine neanche tanto nascosto, c’è: svilire e svuotare di contenuti la scuola pubblica per favorire la scuola privata.

Chi vorrà dare ai propri figli contenuti qualificanti e specializzati o un orario scolastico compatibile con quello del proprio lavoro (sempre che ne abbia uno stabile), pagherà.

Non te lo puoi permettere? Peccato! Sarà per la prossima vita. (“Sei nata paperina, che cosa ci vuoi far!” cantavano a Sanremo qualche anno fa).

E tutto ciò è perfettamente coerente con la filosofia berlusconiana del successo basato sui soldi, sugli status symbol, sul “tutto e subito, perchè così ho deciso io”. E gli altri? Si possono comprare? No? Allora, me ne frego! (Vi ricorda nessuno?)

Ho dei processi in corso? Faccio la riforma della giustizia.

Voglio diventare presidente della Repubblica? Faccio la riforma costituzionale.

Non mi piace vedere per strada rom, prostitute e tutti quelli che sono poveri, brutti, sporchi e quindi cattivi? Pugno di ferro, impronte digitali e minacce di carcere e così tutta la cosidetta “gente per bene” è contenta (per lo più sono solo proclami e slogan efficaci, ma difficilmente attuabili, come ha illustrato l’intervento di Travaglio, ma il ghetto è dietro l’angolo).

Ma anche per noi comuni mortali c’è una chance.

Non hai un lavoro stabile? Non arrivi a fine mese? La ricetta “Berlusconi” ti offre ben tre alternative:

  • – sposare un milionario
  • – partecipare a un gioco televisivo (a scelta tra il Grande Fratello e Affari tuoi)
  • – mettere all’asta su internet la tua verginità

Attenzione però, quest’ultima carta si può giocare una sola volta nella vita!

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